Non-Catholic Cemetery in Rome

Good evening everybody! I decided to write this new article because I’d like to give an advice to tourists who intend to spend their next holidays in Rome… Of course you have to visit the most famous places like the Colosseum, the Trevi fountain, the Spanish Steps, etc. But you can’t lose the chance to see the Non-Catholic Cemetery!!! Now don’t think that I’m a macabre person, I’m just an art lover, and even if it seems a bit strange that I like in particular the sepulchral art, well it’s not. This place is worth to be seen, trust me ;). The cemetery is in Testaccio, Via Caio Cestio 6, you can arrive there by taking the underground (Line B) from Termini to the stop Piramide. Don’t worry the cemetery is not far from the Piramide station :). Here you can find the tombs of some important character like John Keats and Percy Bisshe Shelley. Now I will show you some picture that I took the first time that I visited it. Hope you like them 😀

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The Tombs of John Keats and his best friend Joseph Severn.

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Do you want to see something more? Mm ok, but now pay attention to these pictures that I’m going to show you. Maybe some of you will have a déjà vu…or the most experts of rock and metal music will identify it immediately.

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Do you know what I mean? Of course I mean the cover of the album “Once” by Nightwish. In my opinion, this is the most beautiful tomb of the cemetery.

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But who sculpted this wonderful angel? He was William Wetmore Story, an American sculptor. He designed the Angel of Grief,  as a monument to his wife (Story was buried in the same tomb after his own death), Emelyn. Here are some other pictures.

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And now what do you think? Did you change your mind? Will you go there? I hope so 😉

p.s. Remember that you can enter for FREE, or if you want you can leave a offer!

Let’s speak Finnish! (Puhutaan suomea!)

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Hi everybody, or maybe it’s the case to say Moi kaikille.Yes,  because today I’m going to introduce you one of the most difficult language: Finnish! But don’t worry, I won’t scare you because in this article I will just “teach” how to say hi and bye in Finnish (maybe the simplest way to start studying this language 😛 ). In fact you must know that Finnish people have different ways to say hi and bye, and now I will show you:

Hi or Hello are:

  • Hei (informal)
  • Moi (informal)
  • Terve

Bye or Goodbye:

  • Hei hei (informal)
  • Moi moi (informal)
  • Moikka (informal)
  • Näkemiin (that can also mean “see you”)

What about Good Morning, etc.? Do you really want to know how to say it? Ok, I will satisfy you, even if the pronunciation is not so simple. But don’t worry it’s not impossible 😉

Good morning

  • Hyvää huomentaFeatured image

Good afternoon

  • Hyvää iltapäivää

Good evening

  • Hyvää iltaa

Good night

  • Hyvää yötä

Do you want to know something more? Ok, ei ongelmaa…ops sorry, I mean no problem 🙂

Mitä sinulle kuuluu? = How are you? —-> Hyvää, kiitos, entä sinulle? = Fine, thanks , and you?

Mikä sinun nimesi on? = What’s your name—-> You can answer  “Minun nimi on…” = My name is, or “Minä olen…” that is I am.

Hauska tavata/ Hauska tutustua= Nice to meet you

Hope you enjoy it 😉 … and now it’s time to say Moikka!

Hauskaa viikonloppua! = Have a nice weekend

Il Malato Immaginario al Teatro Impero di Brindisi

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Popolo di Brindisi e dintorni! Sì, dico proprio a voi! Siete tutti invitati questo venerdì, 22 maggio, ore 20 e 30 al teatro Impero di Brindisi per la commedia che andrà in scena…Ma di quale commedia sto parlando? De ” Il Malato Immaginario” di Moliere da come avete letto dal titolo! Quest’opera è considerata la più importante tra quelle scritte dal commediografo parigino, proprio perché è quella che riesce meglio a intrecciare più personaggi dalle personalità diverse e ben definite. Lo spettacolo verrà presentato dall’associazione culturale artistica teatrale “Teatro in Libertà”, attiva ormai da dieci anni. La preparazione di questa prova attoriale non è stata affatto una passeggiata, ed è durata per più di un anno. Infatti gli interpreti in questione, non solo si sono documentati sugli abiti e gli accessori in voga in quell’ epoca,ovvero fine ‘600, ma si son dovuti attenere alla perfezione ad un modus parlandi che non è più usato ai nostri giorni e risulta particolarmente difficile da memorizzare. Ma fidatevi che dopo tanto impegno e costanza, il divertimento sarà assicurato. 😉

La storia gira intorno al protagonista, Argante, (il malato immaginario, Vito Pascariello) uomo di alto rango, ormai anziano, ossessionato da malattie immaginarie che gli fanno passare giorno e notte tra il letto e il bagno. L’uomo è circondato da personaggi caratteristici, come la sua scaltra e fedele cameriera Toinette,(Rossella De Donno) sempre pronta ad avere la situazione in mano, l’opportunista e seconda moglie Belin, (Giuliana Rizzo), interessata soltanto all’eredità del suo “povero” marito alla sua morte, la bella figlia Angelique ( Vittoria Orlando) e dottori e dottorini ciarlatani che si servono del latinorum per circuirlo e  imbrogliarlo. Ma i guai cominciano quando il protagonista promette in sposa sua figlia Angelique al neo laureato dottore, Thomas Diafoirus (Alessandro Casto), poiché si troverà tra due fuochi: l’ostilità della figlia innamorata di un altro, Cleante (Giovanni Mastronardi), e la moglie che ha tanta brama di potere e di appropriarsi di tutti i suoi averi. Riuscirà Argante a uscire vivo da questa situazione a dir poco intricata? Staremo a vedere.

Se vi siete incuriositi almeno un po’, dovreste venire a teatro e passare una simpatica e piacevole serata all’insegna della cultura e del divertimento. Non ve ne pentirete 😉

Con questo colgo l’occasione di salutare e dare l’in bocca al lupo ai bravissimi attori dell’associazione “Teatro in Libertà”, ma soprattutto a mia madre che sta dedicando anima e corpo al ruolo di Belin.

Cosa fate lì impalati? NON MANCATE! 😀

La festa della Madonna di Capo Colonna a Crotone

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Buona domenica a tutti ragazzi! Rieccomi qua seduta sul comodo divano rosso della casa di mia nonna. Eh sì, in questi ultimi due giorni mi sto godendo un po’ d’aria della Calabria, precisamente quella di Crotone, in occasione della Festa della Madonna di Capo Colonna. Sono molto legata a questa festa sin da quando ero bambina, infatti non manco quasi mai. È maggio, e nella pacifica città di Crotone è festa grande! Proprio così, perché, oltre ad avere come patrono san Dionigi Areopagita, i crotonesi sono molto devoti alla Madonna raffigurata nel quadro di epoca bizantina, insieme al bambin Gesù che porta in braccio e che le bacia la mano.

Si dice che la devozione per la Madonna risalga intorno al 1500, proprio nel contesto delle incursioni saracene che, all’epoca, tormentavano le coste crotonesi. Il 1° giugno del 1519, una razzia saracena quasi distrusse il promontorio di Capo Colonna.

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Era questa un’area magica dove si trovavano, nel periodo magno greco, grandi templi come quello di Hera Lacinia e dove il cristianesimo era subentrato al mondo pagano sostituendo il culto della Dea Madre con quello della Vergine Madre, grazie all’edificazione di un piccolo santuario dove si trovava questa immagine di Maria. Nella razzia, i turchi devastarono qualsiasi cosa in segno di disprezzo, inclusa la chiesetta, tanto che il quadro della Madonna fu addirittura bruciato. Secondo un antico racconto del canonico Basoino, però, nonostante i saraceni avessero attizzato il fuoco per oltre tre ore, l’immagine non si bruciò ma anzi irradiò dei bagliori miracolosi. Allora decisero di portare via il Quadro passando per la foce del Neto, ma la galea rimase ferma nonostante lo sforzo dei rematori. I turchi gettarono in mare la tela e la galea si mosse agevolmente, mentre il quadro approdò in un podere presso l’Irto di Capo Nao. A trovarlo fu un pescatore contadino, Agazio Lo Morello,che lo nascose gelosamente in una cassapanca. In punto di morte, rivelò al suo confessore il segreto.

Nel 1638 i turchi assediarono la città; il popolo si strinse attorno alla Sacra Icona esponendola sulle mura della città. I turchi alla vista della Vergine, atterriti, si ritirarono e fuggirono via. Crotone fu salva! Questo è uno dei primi miracoli avvenuti. Gli altri sono i seguenti:

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-l’intera Calabria fu colpita da un terremoto nel 1832, solo la città di Crotone rimase intatta poiché il quadro era stato posto al centro di Largo Umberto I circondato dai suoi fedeli.

– nel 1851, la Vergine salvò Crotone da una grande epidemia di colera.

– miracolo più recente e significativo avvenne durante il pellegrinaggio del 1931, momento in cui, Don Armando Camposano, venne quasi schiacciato dal quadro, che stava per cadere dal carro trasportato dai buoi imbizzarriti. Mentre il quadro stava cadendo, Camposano urlò “Madonna mia fermati!“. I buoi, per miracolo, si calmarono, ed il quadro rimase pendente e non si schiantò per terra (ne tanto meno sul povero prete). Dopo qualche attimo di sconcerto, il quadro venne risistemato e il pellegrinaggio poté proseguire.

In occasione di questa festa, che si tiene ogni anno la terza domenica del mese di maggio, oltre alle magnifiche e coloratissime luminarie arrivano le giostre e la fiera che si ferma fino a sabato notte.

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Immancabili sono i camioncini che vendono i panini con la porchetta, bancarelle di vestiario, bigiotteria, giocattoli, artigianato e prodotti tipici regionali come quelli pugliesi e siciliani. Ma quelle che risaltano più all’occhio sono sicuramente quelle con i dolci tipici calabresi presenti non solo in questa festa ma anche in altre feste di paese della Calabria. Ma di cosa sto parlando nello specifico? Ovviamente dei Mostaccioli (o in dialetto Mustazzoli). L’origine dei mostaccioli è greca, infatti Teocrito nei suoi Idilli li citava chiamandoli “mustacea”. Sono dolci tipici della zona di Soriano Calabro, oggi diffusi in tutto il mondo. Sono prodotti con ingredienti naturali, farina, miele calabrese e mosto caldo, sono biscotti duri, compatti, pesanti, dalle forme più svariate, decorate con carta stagnola colorata.

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Altro dolce tipico calabrese è la “pitta n’ chiusa” che a Crotone prende il nome di “Pitta della Madonna” ed è preparato particolarmente in questo periodo. La si può comprare nelle pasticcerie più rinomate di Crotone e circondario. Gli ingredienti indispensabili per questo dolce sono: per l’impasto: farina di semola, olio e vino rosso. Per la farcitura: miele, uva sultanina, mandorle tritate, un pizzico di cannella e e chiodi di garofano in polvere. Ecco come si presenta:

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La festa dal punto di vista religioso nel fine settimana di festa grande : La gente, prima della processione/pellegrinaggio nella notte tra il sabato e la domenica, si reca nella Cattedrale di Santa Maria Assunta per baciare e salutare il quadro della Madonna, posto a fianco dell’altare presso la navata centrale.  Di notte avviene il grande pellegrinaggio a Capo Colonna, promontorio distante circa 15 km dalla città, che si svolge durante tutta la notte, dopo che il quadro esce dalla basilica verso l’una di notte, salutato affettuosamente dai fedeli per le vie della città, che si affacciano dai loro balconi illuminati e pieni di fiori, per ammirare il quadro in tutto il suo splendore e venerarlo buttando petali di rose insieme a bigliettini colorati con messaggi dedicati alla Madonna.

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Il dipinto arriva, in processione, prima davanti al cimitero, posto in cui viene recitata un’omelia dal vescovo della diocesi, successivamente riprende il cammino ed arriva a Capo Colonna sul fare dell’alba, e lì risiede per tutta la giornata di domenica nella chiesetta santuario della Vergine. Di sera viene imbarcato e portato via mare al porto turistico di Crotone, salutato al suo rientro da fuochi artificiali e riportato nella Cattedrale.

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Vi consiglio vivamente di venire a visitare questa città ricca di storia e di culture diverse che hanno caratterizzato il popolo crotonese e calabrese in generale. Il clima è caldo ma nello stesso tempo ventilato dalla brezza marina dello Ionio, su cui si affaccia Crotone.

Ecco Capo Colonna in due cartoline degli anni’70. La colonna qui presente è l’unica superstite del tempio di Hera Lacinia.

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Fonti:

La nonna Marcella

Wikipedia

Sito ufficiale Madonna di Capocolonna

portalecalabria.com

briganteggiando.it

E quando meno te l’aspetti arriva…Jared a Roma (concerto acustico al the Westin Excelsior)

Cari ragazzi, lo so è vergognoso… è da 2 mesi che non sono più attiva nel mio blog, ma intanto fra tanti impegni mi viene veramente difficile aggiornarlo, ahimè poi! Però ora è inutile perdersi in chiacchiere, ho deciso di scrivere quest’articolo per rendervi partecipi della mia ultimissima “botta di c***” scusate la scurrilità ma quest’espressione rende proprio l’idea per quello che vi sto per raccontare 🙂

Lunedì 11 maggio, si sarebbe dovuto tenere un concerto acustico di Jared Leto (30 seconds to Mars) a Roma. Io avevo perso le speranze poiché ormai i biglietti da 50 euro erano tutti sold out, e quindi ho cercato di farmene una ragione. Quando poi, mentre ero a lezione all’università la mia coinquilina, Amelia, mi manda un messaggio comunicandomi che erano stati messi in vendita altri biglietti proprio a 50 euro e che lei ne aveva appena comprato uno. Felice dalla notizia, ma disperata. allo stesso tempo in quanto ero a lezione e dato che non ho mai comprato niente online, pensavo che non ne sarei mai stata capace, sicuramente XD. A quel punto ho pensato di contattare la mia cara amica Clarissa (furia informatica) per farmi aiutare. Per fortuna mi ha risposto subito dicendomi di caricarle la postepay. Nonostante avessi lezione sono uscita e ho fatto dei giri immensi e anche di corsa: alla posta avrei dovuto aspettare vent’anni per quanta gente c’era, al tabacchi mi sono accorta di non avere contanti e ho chiesto se avessi potuto pagare con la carta, ma niente! Son dovuta andare a prelevare e poi ritornare. Ok, tutto a posto, bonifico fatto, avevo perso 10kg per quanto ho corso da una parte all’altra…insomma mi mancava solo avvisare Clarissa! Una volta avvisata mi risponde dicendomi: “Hei Chià, ti devo dare una brutta notizia”. (Nella mia mente intanto capendo l’antifona: “No non dirmelo, ti prego! Non può essere vero, dai anche la seconda volta. Non è possibile, non possono capitare tutte a me, non è GIUSTO!!!). Le dico “dimmi” , mentre scrive il messaggio l’ansia sale e alla fine fa: “I biglietti sono sold out, DI NUOVO”. Potete immaginare la mia reazione, piena di rabbia degna dell’Orlando Furioso da un lato, ma dall’altro di una povera bimba delusa che per poco non si metteva a piangere. Senza speranze sono tornata in classe per assistere alla fine della lezione. Ero a dir poco incazzata, ma non mi sarei mai aspettata che dopo un’oretta scarsa Clarissa mi avrebbe richiamata. Al telefono esordisce così: “Dimmi se non mi ami?” Io, non capendo a cosa si riferisse e ancora arrabbiata , ho risposto: ” Che è successo?” “Ho trovato un ragazzo che vende un biglietto in più, sei interessata?” Io incredula ho detto: ” Ma certo! Sì sì digli di sìììì! Grazieeeeee amoreeee!” Lei : ” Il problema è che non so se ti fanno entrare perché questi biglietti sono particolari, perché sono nominativi, cioè c’è scritto il tuo nome sopra , e una volta lì dovresti mostrare la tua carta d’identità” Io decisa ho risposto “Vabbe, tentiamoci!” Clarissa:” Ora provo a chiamare qualcuno per vedere se è possibile…” Tornando a casa il cuore mi batteva a mille non ci potevo credere, ero troppo felice, ma contemporaneamente pensavo alle parole di Clarissa al telefono. Insomma non ero proprio tranquilla. Una volta a casa ho pranzato e subito dopo mi sono preparata. L’appuntamento era alle 18 e 30 davanti al Westin, in Via Vittorio Veneto. Anche in tram e in metro mentre ci andavo non ero assolutamente tranquilla. Nemmeno la musica mi calmava. Avevo davvero il cuore in gola…

Arrivata lì ho trovato subito Clarissa. Lì c’erano già molti fan in fila. Clarissa mi ha detto che se avessi visto un ragazzo con la camicia verde era sicuramente lui che ci doveva vendere il MIO biglietto. Per fortuna che nessuno eccetto lui portava una camicia verde a quadri, quindi ho trovato subito anche lui. Parte dell’ansia era svanita, ma l’altra parte c’era ancora e penso che ci sarebbe stata fin quando non mi avrebbero fatta entrare :D. Nel frattempo in fila abbiamo fatto amicizia, sia con il “venditore” del biglietto, Leonardo, e altri ragazzi.

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A un certo punto la fila ha iniziato a scorrere, e il mio cuore a pulsare a più non posso. Una volta arrivata davanti all’ingresso, io e Cla abbiamo spiegato in inglese tutto quello che era successo, e non c’è voluta una parola in più e mi hanno fatta entrare. Ero al settimo cielo. Sarei potuta anche morire in quel momento (o forse no? be in effetti avrei preferito prima vedere Jared ahah 😀 ). Appena siamo entrati non ho potuto fare a meno di ammirare il lusso che c’era in quelle sale dell’hotel Excelsior e intanto pensavo tra me e me: “Se l’è scelto davvero bene il posto, Jared!”

Eccoci davanti alla sala dove Jared avrebbe dovuto suonare:

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Metà sala era già stata occupata. Io e Clarissa abbiamo trovato 2 posti centrali dove la visuale non era niente male. E quando meno te l’aspetti arriva. Sì, è proprio lui, Jared, in carne e ossa. Pensavo, come tutti gli altri ragazzi lì presenti credo, che si sarebbe fatto attendere come al Rock in Roma dello scorso 20 giugno, invece sta volta no. Ma sfoggiava un look che mi ha sorpreso anche in quest’occasione. Eccolo qui…Ebbene sì, look total black completo di velo nero e occhiali Ray BFeatured imagean Aviator.

Ma perché quel velo nero? Sicuramente alcuni di voi sapranno che Jared ha da poco ottenuto la parte di Joker in Suicide Squad, in uscita nel 2016 negli Stati Uniti. Per il ruolo il nostro J si sarebbe dovuto tingere i capelli di verde e non può assolutamente farli vedere in anteprima dato che ha firmato il contratto. Ma tanto lui è sempre bello in qualsiasi modo si conci ahahah 😛 A parte gli scherzi, la sua performance è stata a dir poco fantastica, nonostante fosse in acustico. Ha una voce molto potente e sensuale. Inoltre si è dimostrato molto carino con i suoi fan prendendo le loro videocamere e facendo il video direttamente dal palco. Questa che segue è la scaletta con cui ci ha deliziato:

01. Riverbed

02. Kings And Queens

03. City Of Angels
04. Alibi
05. End Of All Days
06. Revenge
07. Witness
08. Northern Lights
09. Here I Am
10. The Believer
11. Oblivion (Chorus)
12. Up In The Air
13. Hurricane
14. Conquistador (Reggae Version)
15. This Is War
16. 100 Suns
17. Closer To The Edge
18. Do Or Die

Qualche scatto fatto da me 😉

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p.s. Dedico questo articolo a Clarissa Candellero :* e già che ci siete passate dal suo blog

https://translationsslife.wordpress.com/

Donna- poesia scritta da Giuliana Rizzo

Nonostante siano le 21:46 volevo dare anche io il mio contributo a questa giornata, dandovi i miei più siFeatured imagenceri auguri, anche se secondo me la festa della donna dovrebbe essere ogni giorno perché, diciamocela tutta, che mondo sarebbe senza? 😉 Per questo, in occasione di questa ricorrenza,vorrei dedicarvi questa poesia, scritta e uscita lo scorso anno, dall’estro sensibile di mia madre, Giuliana Rizzo. Spero vi piaccia e che apprezziate il mio pensiero.

Il titolo è DONNA:

DONNA.LA BAMBINA CHE ERI.
DUE OCCHI GRANDI APERTI AL DISINCANTO,
AD UNA LACRIMA,DUE FARI NELLA NEBBIA DELLA VITA.
LE TUE MANI,ALI D’ANGELO
CHE CULLANO E ACCAREZZANO
I TUOI AMORI.
IL CUORE TUO LEGGIADRO
LOTTANDO FORTE,VIVE,
NON CEDI AD UNA LACRIMA,
DISSOLVI SORRIDENDO IL TUO DOLORE.
DI TANTE SOLITUDINI COMPAGNA,
SEI IL SENSO DELLA VITA,IL SUO PILASTRO,
DEL SUO LUNGO CAMMINO DOLCE GUIDA.
LE CENTO,MILLE VOLTE CHE CADRAI,
PIU’ FORTE TI RIALZERAI,
GLI OCCHI RIVOLTI AL CIELO,
FIERA DI TE.DA SOLA.

Note sulla poesia: Dedicata a tutte le donne del mondo,con la speranza e l’augurio che il loro altissimo valore nella società non venga riconosciuto e ricordato limitatamente all’8 marzo,ma ogni giorno dell’anno e della vita intera. Giuliana Rizzo

I giorni della settimana: confronto tra mitologia romana e norrena

Ciao a tutti oggi vi voglio parlare di un argomento a noi comune al giorno d’oggi ma forse un po’ sottovalutato: i giorni della settimana! Vi siete mai chiesti da dove derivino o chi li abbia inventati? No? bene allora scopriamolo insieme 😛

Innanzitutto bisogna dire che la creazione dei giorni della settimana bisogna attribuirla ai Babilonesi, infatti i Romani li hanno ereditati proprio da loro. Ma perché hanno proprio questi nomi? La loro origine deriva dal nome del sole e dei vari pianeti.

Così il lunedì era il giorno della Luna (latino: Lunae dies), martedì di Marte, il dio della guerra (Martis dies) , mercoledì di Mercurio ,dio dell’eloquenza, dell’economia e dei ladri (Mercuri dies), giovedì di Giove ,divinità suprema (cioè il re di tutti gli dèi), della i cui simboli sono il fulmine e il tuono ( Iovis dies), venerdì di Venere dea dell’amore, della bellezza e della fertilità, (Veneris dies). Sabato era in origine il giorno di Saturno , dio dell’agricoltura (Saturni dies), ma esso è cambiato con il diffondersi in Occidente del cristianesimo, il termine ebraico “shabbat”, ovvero “giorno di riposo”, sostituì in molte lingue il nome pagano. Allo stesso modo il nome domenica (in latino Dominica, ovvero giorno del Signore) fu introdotto da Costantino, convertito al cristianesimo, in sostituzione del più antico Solis dies, giorno del Sole.

Ma ora passiamo ai giorni della settimana nelle lingue germaniche e scandinave. Sono un tantino diversi da quelli delle lingue romanze infatti :
Inglese Tedesco Olandese Islandese Norvegese Svedese Norreno Divinità
Monday Montag Maandag Mánudagur Mandag Måndag Mánandagr Máni – la Luna
Tuesday Dienstag Dinsdag Þriðjudagur Tirsdag Tisdag Tysdagr Týr
Wednesday Mittwoch Woensdag Miðvikudagur[3] Onsdag Onsdag Óðensdagr Odino (Woden)
Thursday Donnerstag Donderdag Fimmtudagur Torsdag Torsdag Þorsdagr Thor (Doner)
Friday Freitag Vrijdag Föstudagur Fredag Fredag Friádagr Freyja
Saturday Samstag Zaterdag Laugardagur Lørdag Lördag Laugardagr Satære
Sunday Sonntag Zondag Sunnudagur Søndag Söndag Sunnundagr Sól – il Sole
Come potete vedere da questa tabella, i nomi dei giorni sono parecchio diversi da quelli nostri nonostante ciò anche questi derivino dai nomi delle divinità nordiche, che hanno più o meno gli stessi poteri. E detto ciò parliamo un po’ di mitologia norrena 🙂
Máni è il dio che guida il carro che trasporta la Luna, in contrapposizione alla sorella Sól che guidava il carro solare.
Týr è il dio della guerra , nonché patrono della giustizia.
Odino o Woden (in lingua originale) è la divinità principale, personificazione del sacro o “totalmente Altro” stesso, della religione e della mitologia germanica.
Thor è una delle principali divinità scandinave, noto come il dio del tuono. Rappresenta teologicamente il dio (e l’uomo) che possiede, oppure è totalmente identificato, con l'”arma” divina, la “virtù”, ossia la “vista” del principio cosmico.
Freyja considerata la dea dell’amore, della seduzione, della fertilità, della guerra e delle virtù profetiche. Il suo nome, Freyja in norreno, dal significato di Signora. Freyja, nella mitologia norrena, viene a volte confusa con Frigga, la moglie di Odino, con la quale condivide la salvaguardia della fertilità e della fecondità e il ruolo di protettrice delle partorienti.
Satære è il dio dell’agricoltura probabilmente un aspetto di Loki , dio della grande astuzia e del caos, ingegnoso inventore di tecniche. E’ una figura ambivalente nel pantheon norreno, infatti in alcuni miti è compagno di Odino e Thor  in altri è colui che attenta all’ordine cosmico, ingannatore, attaccabrighe, maligno, temibile e camaleontico.
Sól è la dea del Sole, figlia di Mundilfœri e moglie di Glenr. Ogni giorno, Sól guida attraverso il cielo il suo carro, tirato da due cavalli, Árvakr e Alsviðr.
Fonti: focus.it wikipedia

IL PUNK

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Gli anni ’70 sono anche famosissimi per la nascita di un movimento giovanile emerso nel Regno Unito e negli U.S.A. a metà degli anni settanta: il PUNK. Esso è un termine inglese che come aggettivo significa di scarsa qualità, da due soldi. Nacque dalla musica punk, o meglio punk rock, una musica rozza, rumorosa, poco complessa, ribelle e diretta, nata a metà anni settanta in Inghilterra e negli Stati Uniti con gruppi come The Stooges, Ramones, Sex Pistols, Dead Boys, The Damned o Clash e portata avanti ancora dopo negli anni a venire fino a oggi con le relative evoluzioni. Stilisticamente, si tratta di una derivazione del rock caratterizzata da uno stile aspro, diretto, senza assoli e melodia, urlato, ritmicamente violento, grezzo, ruvido, e molto veloce: una musica ab origine nichilista e ribelle, si potrebbe dire… anche se l’oggetto di questa ribellione non è sempre chiaro o definito: questa difficoltà di classificazione emerge, ad esempio, dalla  diversità di concezione e ispirazione di due dei suoi album più famosi, rispettivamente “Ramones” (1976) dell’omonimo gruppo e “Never Mind the Bollocks” (1977) dei Sex Pistols, capitanati dal carismatico John Lyndon (alias Johnny Rotten): se lo stile dei Ramones è a-politico, demenziale e scanzonato nei testi, erede arrabbiato del bubble-gum pop e del classico rock and roll (ricorderete il brano Lollipop, ad esempio), quello dei Sex Pistols, approda ad accensioni e coloriture opposte e radicali (basti pensare al singolo epocale “Anarchy in the U.K.”). Frustrazione di fronte alle insoddisfazioni quotidiane, paura del domani (simboleggiata dallo slogan “No Future”), impeto iconoclasta, sete di divertimento e ricerca di eroi: questi alcuni ingredienti della musica punk che si presenta, sin dall’inizio e con un certo compiacimento, come musica di rottura e ribellione nei confronti dell’allora “cultura benpensante”, cercando di interpretare – spesso senza costrutto e con una furia distruttiva accesa – il serpeggiante disagio maturato dinnanzi alle prime sfide perse ed ai primi esiti infelici dell’epoca industriale.Featured image

In quest’ottica, il punk si presenta come una cruda e brutale rilettura della realtà, coniugando il mito del poeta maudit alla cultura di strada e catalizzando una serie di esperienze artistiche precedenti di non secondaria importanza, tra cui quelle contraddistinte dai nomi: Velvet Underground, Iggy Pop, Patty Smith e Television (Federico Guglielmi, 1999).

Il punk diviene così una musica di approdo: un portare alle estreme conseguenze il disagio irrazionale, prima ancora che codificato, maturato nel contesto di alcune realtà disgreganti delle grandi città; chi ha visto film quali “Christiane F., Noi i ragazzi dello zoo di Berlino” di U. Edel, o “La Terza Generazione” di R. W. Fassbinder, ricorderà certi lugubri scenari associati alla periferie della grandi città di quell’epoca.

Con la stessa rapidità con cui nacque, nel giro di poco più di un quinquennio, il punk si spense, esaurendo la sua spinta propulsiva, la sua rabbia originaria, divenuta – grazie anche ad alcune politiche commerciali e di marketing – logora maniera. Ancora oggi, per alcuni , il periodo compreso tra il 1976 ed il 1981 rimane quello più felice nella storia di questo genere musicale, pur avendosi avuto, anche dopo, alcuni epigoni di spessore.

The Doors

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Uno dei gruppi più talentuosi e innovativi degli anni ’60 furono i “the Doors’’ con il loro carismatico leader Jim Morrison. Egli fu uno dei più importanti esponenti della rivoluzione culturale degli anni Sessanta, nonché uno dei più grandi cantanti rock della storia. Impetuoso “profeta della libertà” e poeta maledetto, è ricordato come una delle figure di maggior potere seduttivo nella storia della musica e uno dei massimi simboli dell’inquietudine giovanile. Era soprannominato il Re Lucertola e venne paragonato a Dioniso, divinità del delirio e della liberazione dei sensi.

« In scena Jim subiva una completa metamorfosi: la sua voce dolce e garbata diveniva roca, aspra, profonda e potente; la sua posa dinoccolata si faceva arrogante, baldanzosa; il suo quieto volto si trasformava in migliaia di maschere di tensione e di emozione; e i suoi occhi, di solito così penetranti e attenti, diventavano vacui e lontani, fino a tramutarsi in due finestre illuminate davanti al pubblico. Con questo sguardo chiaroveggente Jim sembrava scrutare sia nel futuro sia nel passato. Emetteva strani suoni animaleschi, urlava, strepitava come se soffrisse. I suoi abiti di cuoio o di pelle di serpente crepitavano e gemevano quando si muoveva. Le sue movenze e i suoi gesti si facevano spasmodici, frenetici, come se si fosse trattato di una persona in preda a una crisi epilettica. Danzava, non in modo fluido e aggraziato, ma con brevi passi saltellanti e moto a stantuffo, sporto in avanti, la testa che scattava su e giù. Si muoveva come un indiano d’America in una danza rituale. Sul palco Jim diventava lo Sciamano. Nel corso dell’esibizione, come un festante dionisiaco, cantava dei miti moderni, e come uno sciamano evocava un panico sensuale per rendere significative le parole di questi miti. Agiva come se un concerto fosse un rito, una cerimonia, una seduta spiritica, e lui era lo strumento per la comunicazione con il sovrannaturale. Tentava di strappare gli spettatori dai loro posti a sedere, dai loro ruoli, dalle loro menti, così che potessero vedere l’altro lato della realtà, anche solo per una breve occhiata. Il suo messaggio era: apriti un varco comunque ti sia possibile, ma fallo adesso. Spesso il messaggio era sfocato e così si perdeva tra la musica, i miti, la magia e la follia. »

I Doors sono considerati uno dei gruppi più influenti e contFeatured imageroversi della musica rock, alla quale hanno unito con successo elementi blues, psichedelia e jazz. I testi delle canzoni dei Doors sono influenzati innanzitutto dagli scritti di Aldous Huxley (Huxley faceva uso di allucinogeni come la mescalina). Altra influenza sulla loro poetica è rintracciabili nel pensiero di Friedrich Nietzsche e nella cultura classica, come il chiaro riferimento all’Edipo re di Sofocle nella canzone The End: «father I want to kill you/mother I want to fuck you» (padre voglio ucciderti/madre voglio scoparti); oltre ad uno tra i poeti più amati da Morrison, Rimbaud, che sosteneva la tesi dello sconvolgimento dei sensi necessario per percepire meglio ciò che ci circonda. Egli era amante della poesia, un vero intellettuale. Leggeva sempre e prendeva spunto da questi capolavori per partorire i suoi grandiosi testi. Non solo i questi erano ispirati dai poeti ma perfino il nome della Band. Fu talmente colpito da una poesia di William Blake che diceva: “if the doors of perception are cleansed, everything would appear to man as it truly is, infinite” (se le porte della percezione fossero spalancate, ogni cosa apparirebbe all’uomo come realmente è: infinita). Venne anche influenzato da un libro di Aldous Huxley sulle sue esperienze con la droga chiamato appunto “The Doors of Perception” (le porte della percezione). The doors, il titolo omonimo del loro primo album si stanziò solo secondo solo a Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, mentre Light My Fire il 29 luglio 1967 raggiunse la prima posizione in quella dei singoli restandoci per 3 settimane, vendendo 1 milione di copie e aggiudicandosi il disco d’oro. In America era la stagione d’oro del sound di San Francisco all’insegna di “Pace & Amore” e degli hippy, ma i Doors si imposero con un atteggiamento del tutto diverso, con Morrison che quasi aggrediva il suo pubblico scrivendo canzoni che parlavano di sesso, droga, rivoluzione e morte. I Doors e Jim furono anche famosi per vari scandali. Infatti il 17 settembre si esibirono all’Ed Sullivan Show, popolarissima trasmissione televisiva americana. A Morrison venne chiesto di sostituire la parola “higher” contenuta in Light My Fire (“girl, you couldn’t get much higher”, “ragazza, non puoi sballarti di più”, “high” nello slang giovanile indica infatti il momento in cui una persona va su di giri per la droga o l’alcol). I Doors sembrarono acconsentire ma durante la diretta Jim, infuriato per il tentativo di censura, la pronunciò ugualmente: i Doors vennero banditi per sempre dallo show. Ma esso più che scandalo nazionale fu uno scandalo di successo, infatti oggi sappiamo quello che sono diventati nonostante siano passati 40 anni e più. 😉 ecco il video della performance all’ Ed Sullivan Show.

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I mitici Queen

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Siamo all’inizio degli anni ’70, nel ’71 precisamente. È proprio in quest’anno che nascono i Queen una tra le più importanti band della scena musicale internazionale. Il gruppo ha riscosso nel corso degli anni un grandissimo successo e ha avuto una forte influenza sulle generazioni e sui musicisti successivi. Caratteristica del gruppo erano i loro concerti, (ben 707 in 26 nazioni dal 1971 al 1986) che, animati da Mercury, considerato uno dei più carismatici frontman di sempre, si trasformavano in spettacoli teatrali; per questo motivo, alla band è stato spesso attribuito il titolo di miglior live-band della storia. La loro esibizione al Live Aid è stata votata da un vasto numero di critici non solo come la migliore dell’evento, ma una delle migliori in assoluto della storia della musica moderna.

Il cantante e fondatore Freddie Mercury  è ricordato per il talento vocale e la carica di sensualità che imprimeva nelle esibizioni dal vivo. Come compositore, ha scritto brani come Bohemian Rhapsody, Crazy Little Thing Called Love, Don’t Stop Me Now, It’s a Hard Life, Killer Queen, Love of My Life, Play the Game, Somebody to Love e We Are the Champions. Per i numerosi singoli di successo da lui scritti gli viene riconosciuto il talento, oltre nel canto, nel comporre e scrivere canzoni. Numerosi sono infatti i premi e i riconoscimenti attribuiti alle sue opere: Bohemian Rhapsody, nel 2002, è stata eletta dal Guinness Book of Records miglior singolo britannico di tutti i tempi, mentre nel 2004 la canzone è entrata nel Grammy Hall of Fame, seguita nel 2009 da We Are the Champions; quest’ultima inoltre venne indicata da un sondaggio mondiale la miglior canzone al mondo.I Queen hanno affrontato nelle loro canzoni una vasta gamma di temi, ma non sono mai stati una band politica. Le loro canzoni parlano di sentimenti e vogliono intrattenere, rendere felici, piuttosto che comunicare un qualche messaggio nascosto.

“Penso che le canzoni dei Queen siano semplice evasione, come andare a vedere un buon film –  dopo di che, possono andarsene via e dire che è stato grande e ritornare ai loro problemi. Non voglio cambiare il mondo con la nostra musica. Non ci sono messaggi nascosti nelle nostre canzoni, eccetto che in alcune di Brian. Mi piace scrivere canzoni per divertimento, per consumo. La gente può gettarle via come un fazzoletto dopo. La ascolti, ti piace, la butti, poi avanti con la prossiFeatured imagema. Pop usa e getta, sì.” – Freddie Mercury

L’amore:       Come ci si può aspettare l’amore, in tutte le sue dimensioni,  è uno dei temi dominanti.C’è l’amore cha fa soffrire perché manca (Somebody to love), o perché porta sofferenze e delusioni (Love of my life, Save me, It’s a hard life), e c’è l’amore che dà colore e sapore alla vita (You’re my best friend).

C’è l’amore fisico (Tie your mother down, Get down make love, Body Language) e l’amore romantico (Las palabras de amor).

Altre volte il sentimento amoroso è presentato in modo più leggero e ironico: ora come un gioco (Play the game), ora come un esercizio di civetteria (Seaside rendez-vous, Good old fashioned lover boy), o ancora come una cosa pazza e imprevedibile (Crazy little thing called love).Da segnalare in questo filone è lo strano destino di  I want to break free, che, pur parlando di  delusioni d’amore, è diventata un inno di liberazione del Sudamerica povero ed emarginato.

La gioia di vivere :Un altro tema che ha largo spazio nei testi dei Queen è quello della gioia di vivere, dell’esaltazione e dell’orgoglio (Don’t stop me now, I want it all). Una menzione particolare in questo contesto merita We are the champions che, concepita come canzone dell’orgoglio omosessuale, è diventata l’inno delle vittorie sportive in tutto il mondo.

Fantasy: In altri casi è la fantasia a dominare la scena, sotto forma di orchi, battaglie e luoghi misteriosi (Seven seas of Rhye, Ogre battle, Bohemian Rhapsody). In questo filone si inseriscono anche le due colonne sonore firmate Queen per i film Flash Gordon e Highlander (Flash’s theme, A kind of magic, Princes of the universe).

 Temi più impegnati :Marginalmente vengono anche affrontati temi più impegnati: la denuncia delle ingiustizie e le storture del mondo (Is this the world we created?, Heaven for everyone), e qualche soluzione ai problemi del mondo nella forma di ingenue utopie (One vision, The Miracle).

Gli ultimi album:Alla fine degli anni ottanta si fanno più frequenti le retrospettive sulla carriera del gruppo e sulla vita passata insieme, Was it all worth it ne è un esempio.

La malattia di Freddie, tenuta ufficialmente nascosta al mondo sino al giorno prima della morte, incide naturalmente sui testi degli ultimi album. Canzoni come These are the days of our lives, The show must go on e Mother love, alla luce del triste destino del cantante, acquistano un carica emotiva straziante e toccano vette di introspezione e lirismo mai raggiunte prima dal gruppo.

Fonti: Gerardin Simone.

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